Immaginiamo un incontro...
Il mio studio si trova nel centro della cittadina di Roncade, sotto i portici di via Roma, all'interno di un edificio a due piani con un portoncino di legno e alcune targhe appese all'ingresso, proprio dietro la fermata dell'autobus. Si può parcheggiare gratuitamente lungo la via oppure c'è un grande parcheggio anch'esso gratuito in piazza Primo Maggio, la piazza centrale di Roncade che si trova proprio di fronte all'edificio.
Nello studio entrano persone adulte o adolescenti da soli, in coppia oppure con un genitore, portando con sé pensieri, problemi, ansie, lacrime, paure ma anche riflessioni, racconti, gioie, successi ottenuti. Preso l'appuntamento, il paziente suona e sale al primo piano dove può attendere nella sala d'attesa.
All'ora pattuita accolgo nello studio, un ufficio color verde salvia con due comode poltroncine grigie, una grande scrivania con due sedie verdi, due finestre luminose, una libreria con i miei libri di psicologia e tante piante verdi. Per i primi appuntamenti di conoscenza reciproca ci si siede alla scrivania, mentre per il percorso di psicoterapia vero e proprio ci si accomoda sulle poltroncine.
In questa stanza le persone iniziano a parlare, chi lentamente, chi si libera, chi non trova le parole, chi si lascia andare, chi è sospettoso, chi non vede l'ora: ogni individuo è diverso ed è questo che crea la specificità di ogni percorso psicoterapeutico, che diventa unico e irripetibile... e per alcuni attimi il mondo fuori sembra sparire.
Dopo cinquanta minuti ci si saluta e mentre io mi armo di penna e foglio per scrivere a caldo annotazioni e sensazioni, il paziente chiude dietro di sé la porta dello studio e si appresta a scendere le scale per ritornare alla quotidianità sospesa; a volte lo immagino fare un sospiro di sollievo o un accenno di sorriso.
Nello studio entrano persone adulte o adolescenti da soli, in coppia oppure con un genitore, portando con sé pensieri, problemi, ansie, lacrime, paure ma anche riflessioni, racconti, gioie, successi ottenuti. Preso l'appuntamento, il paziente suona e sale al primo piano dove può attendere nella sala d'attesa.
All'ora pattuita accolgo nello studio, un ufficio color verde salvia con due comode poltroncine grigie, una grande scrivania con due sedie verdi, due finestre luminose, una libreria con i miei libri di psicologia e tante piante verdi. Per i primi appuntamenti di conoscenza reciproca ci si siede alla scrivania, mentre per il percorso di psicoterapia vero e proprio ci si accomoda sulle poltroncine.
In questa stanza le persone iniziano a parlare, chi lentamente, chi si libera, chi non trova le parole, chi si lascia andare, chi è sospettoso, chi non vede l'ora: ogni individuo è diverso ed è questo che crea la specificità di ogni percorso psicoterapeutico, che diventa unico e irripetibile... e per alcuni attimi il mondo fuori sembra sparire.
Dopo cinquanta minuti ci si saluta e mentre io mi armo di penna e foglio per scrivere a caldo annotazioni e sensazioni, il paziente chiude dietro di sé la porta dello studio e si appresta a scendere le scale per ritornare alla quotidianità sospesa; a volte lo immagino fare un sospiro di sollievo o un accenno di sorriso.
Ma come va avanti nel tempo?
La psicoterapia è un viaggio tanto meraviglioso quanto faticoso all'interno di sé; tutto parte da una richiesta da parte della persona, come se decidesse di comprare un biglietto: destinazione... se stessa!
L'inizio di un intervento psicoterapeutico analitico prevede alcuni colloqui di conoscenza tra il terapeuta e la persona che esprime un bisogno; il terapeuta apprende la storia di vita e le motivazioni che spingono a intraprendere il percorso, il paziente impara qual è il modo di lavorare del terapeuta. Tale conoscenza conduce alla definizione di un contratto terapeutico, un patto rigoroso tra i protagonisti del viaggio, che si accordano su tempistiche, regole ed obiettivi.
Il percorso che segue può essere breve e focalizzato oppure più lungo, in base ai bisogni specifici individuali. Questo particolare viaggio favorisce lo sviluppo di un transfert, permettendo di rendere attuali e vivi alcuni schemi relazionali passati, nel qui ed ora della relazione clinica: la persona rivive inconsciamente gli stili relazionali appresi durante la propria infanzia. Insieme, paziente e terapeuta cercano innanzitutto di vedere e poi di comprendere e dare senso a questi schemi.
Le mete del viaggio sono tra le più variegate, a seconda degli obiettivi che insieme ci si pone, ma se c'è motivazione ogni viaggio permette di assumere maggiore consapevolezza di sé, come di poter modificare i propri stili relazionali o di ottenere una parziale ristrutturazione di se stessi, in modo che sia il più funzionale possibile al benessere della persona e mitigando gli eventuali sintomi che creavano sofferenza. E poi... una nuova partenza, al di fuori dello studio terapeutico, quando entrambi sentiremo che è arrivato il momento di salutarci.
L'inizio di un intervento psicoterapeutico analitico prevede alcuni colloqui di conoscenza tra il terapeuta e la persona che esprime un bisogno; il terapeuta apprende la storia di vita e le motivazioni che spingono a intraprendere il percorso, il paziente impara qual è il modo di lavorare del terapeuta. Tale conoscenza conduce alla definizione di un contratto terapeutico, un patto rigoroso tra i protagonisti del viaggio, che si accordano su tempistiche, regole ed obiettivi.
Il percorso che segue può essere breve e focalizzato oppure più lungo, in base ai bisogni specifici individuali. Questo particolare viaggio favorisce lo sviluppo di un transfert, permettendo di rendere attuali e vivi alcuni schemi relazionali passati, nel qui ed ora della relazione clinica: la persona rivive inconsciamente gli stili relazionali appresi durante la propria infanzia. Insieme, paziente e terapeuta cercano innanzitutto di vedere e poi di comprendere e dare senso a questi schemi.
Le mete del viaggio sono tra le più variegate, a seconda degli obiettivi che insieme ci si pone, ma se c'è motivazione ogni viaggio permette di assumere maggiore consapevolezza di sé, come di poter modificare i propri stili relazionali o di ottenere una parziale ristrutturazione di se stessi, in modo che sia il più funzionale possibile al benessere della persona e mitigando gli eventuali sintomi che creavano sofferenza. E poi... una nuova partenza, al di fuori dello studio terapeutico, quando entrambi sentiremo che è arrivato il momento di salutarci.
L'indirizzo dinamico-analitico
Da sempre mi affascina l'origine del termine "psicoterapia", che etimologicamente significa "cura dell'anima".
Nel mio percorso di studi, già dalla scelta del liceo psicopedagogico ho inseguito il sogno di diventare un giorno psicoterapeuta e, arrivata alla decisione per la scuola quadriennale di specializzazione dopo le due lauree in psicologia, l'indirizzo terapeutico che ho scelto è stato quello più classico esistente, risalente al fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud (1856 - 1939). E' forse la scelta ad oggi meno ovvia e più difficile, che prevede che lo specializzando affronti egli stesso un lungo e intenso percorso di psicoanalisi su se stesso; tuttavia il mio cuore mi guidava alle origini e ho intrapreso anch'io il mio viaggio, dentro e fuori di me.
Secondo la psicoanalisi, la sofferenza che una persona percepisce è la conseguenza di un conflitto inconscio interno, tra alcune componenti che Freud chiama Es, Io e Super-Io e che tanti autori hanno poi ripreso e rielaborato fino ai giorni nostri. Esistono dei meccanismi difensivi che inconsapevolmente utilizziamo per rendere la sofferenza e l'angoscia parzialmente gestibili, ma esse permangono nel sistema psichico e il sintomo ne rappresenta l'espressione esplicita, visibile: pensiamo ad esempio a tristezza, ansia, dipendenze, disturbi, paure, ripensamenti, malesseri, appiattimento, ossessioni... tutte quelle cose che non ci fanno stare bene con noi stessi o con gli altri. Nella teoria e nella pratica psicoanalitica è possibile dare significato a questa sofferenza e lo si fa attraverso la parola, ripercorrendo lo sviluppo psicologico e indagando le relazioni primarie ed attuali.
Partendo dai fondamenti freudiani, mi interesso oggi dei recenti sviluppi che contestualizzano la tradizione psicoanalitica nell'epoca odierna, quali la teoria della mente, le teorie dell'attaccamento e le teorie dell'intersoggettività, facendo riferimento ad autori quali Fonagy, Racamier, Bion, Klein, Bowlby, Mc Williams, Stern.
Nel mio percorso di studi, già dalla scelta del liceo psicopedagogico ho inseguito il sogno di diventare un giorno psicoterapeuta e, arrivata alla decisione per la scuola quadriennale di specializzazione dopo le due lauree in psicologia, l'indirizzo terapeutico che ho scelto è stato quello più classico esistente, risalente al fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud (1856 - 1939). E' forse la scelta ad oggi meno ovvia e più difficile, che prevede che lo specializzando affronti egli stesso un lungo e intenso percorso di psicoanalisi su se stesso; tuttavia il mio cuore mi guidava alle origini e ho intrapreso anch'io il mio viaggio, dentro e fuori di me.
Secondo la psicoanalisi, la sofferenza che una persona percepisce è la conseguenza di un conflitto inconscio interno, tra alcune componenti che Freud chiama Es, Io e Super-Io e che tanti autori hanno poi ripreso e rielaborato fino ai giorni nostri. Esistono dei meccanismi difensivi che inconsapevolmente utilizziamo per rendere la sofferenza e l'angoscia parzialmente gestibili, ma esse permangono nel sistema psichico e il sintomo ne rappresenta l'espressione esplicita, visibile: pensiamo ad esempio a tristezza, ansia, dipendenze, disturbi, paure, ripensamenti, malesseri, appiattimento, ossessioni... tutte quelle cose che non ci fanno stare bene con noi stessi o con gli altri. Nella teoria e nella pratica psicoanalitica è possibile dare significato a questa sofferenza e lo si fa attraverso la parola, ripercorrendo lo sviluppo psicologico e indagando le relazioni primarie ed attuali.
Partendo dai fondamenti freudiani, mi interesso oggi dei recenti sviluppi che contestualizzano la tradizione psicoanalitica nell'epoca odierna, quali la teoria della mente, le teorie dell'attaccamento e le teorie dell'intersoggettività, facendo riferimento ad autori quali Fonagy, Racamier, Bion, Klein, Bowlby, Mc Williams, Stern.